Mati, l’inferno della Grecia

Nel luglio del 2018 le fiamme divorarono centinaia di migliaia di ettari di terreno, 1.500 case, incalcolabili beni e soprattutto vite – 80 quelle accertate, centinaia i dispersi. Se chiedete che suono abbia un incendio di quelle proporzioni vi risponderanno “grida ed esplosioni”. Sono le automobili e le bombole a gas che indicano l’avanzare del fuoco tra le strade e le case. Sull’asfalto, il giorno dopo, chiazze argentee di metallo fuso indicheranno i punti in cui erano parcheggiate le macchine. Gli interni delle case diventano macerie, accumuli di detriti, oggetti squagliati, laterizi. La sensazione di distruzione è la stessa che si prova di fronte ad una città terremotata.
Dietro a questa tragedia ci sono responsabilità umane che la magistratura dovrà accertare. Alcuni tratti sarebbero però già evidenti: l’origine dolosa degli incendi (leggi “speculazione edilizia”); l’apparente facilità dei condoni edilizi, che avrebbe permesso l’esistenza di strade così strette da impedire il passaggio dei mezzi di soccorso; la scarsità di questi ultimi, falcidiati da 14 manovre di austerità interna e tre bail out.