Al Banco dei pegni di Torino “Devo vendere i miei ricordi”

Il primo ad arrivare conquista l’ingresso di via Botero alle 4 di mattina. Alle 9, orario di apertura del Banco dei pegni di Torino, vedo il numero 92 pendere dalle dita di un’anziana signora. Queste facce, queste persone, sono qui per le stesse ragioni: rinnovare una polizza scaduta sull’oro depositato, i cui interessi arrivano fino al 10%; farsi valutare gli ultimi gioielli rimasti a casa; mettere fondo alle risorse e riscattare i preziosi conservati nel caveau, prima che vengano messi all’asta. E l’aspetto più vergognoso di questa vicenda è che, da parte del Banco, non vengono indicati orari, fissati appuntamenti, data la possibilità di pagare online. E così, un giorno sì e un giorno no, centinaia di persone si ammassano di fronte a quel portone sperando di essere tra i primi 25 ad entrare. Tutti gli altri, con un pugno di mosche in mano e l’impotenza di chi non ha voce, vengono invitati dalla polizia a ritentare. E intanto, non sia mai, gli interessi sui beni depositati si continuano a pagare.

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