Di amori spezzati, civiltà dell’acqua calda e operai incestuosi

Ho scoperto l’esistenza di Islendiga-App, un’applicazione su cellulare che avvisa se stai flirtando con una cugina di cui ignoravi l’esistenza. Sono talmente pochi quassù che la possibilità di invaghirsi al di sotto del settimo grado di parentela è reale. Ma é il concetto stesso di famiglia ad essere diverso: pare sia piuttosto comune ritrovarsi a Natale con la ex, il suo compagno, il figlio che avete fatto assieme e quelli nati dalle rispettive nuove relazioni. Semplicemente, quando finisce l’amore ci si saluta senza infiniti cerimoniali e costosi terapeuti. Difficile da digerire per un mediterraneo – emotivamente agghiacciante per certi aspetti – ma così è. Tanto che due neonati su tre vengono al mondo in coppie non sposate, nonostante i vincoli matrimoniali siano più tutelati. C’è però una ragione storica: fino a 100 anni fa, questa è stata un’isola costantemente sfregiata dalla miseria. Per limitare la natalità e garantire braccia a buon mercato per i grandi latifondi, la legge permetteva il matrimonio solo ai possidenti e a chi non aveva debiti. E visto che la maggioranza non rinunciava a mettere su famiglia, l’idea di condannare chi rimaneva incinta al di fuori della sacra unione non venne mai a nessuno. Oggi si figlia presto, ci si sposa tardi e si divorzia in fretta – come nel resto d’Europa.
Tra i posti più comuni dove lanciarsi le prime occhiate e raccogliere numeri di telefono ci sono le piscine. Non avevo mai realizzato come si potesse svolgere la vita di piazza restando comodamente a mollo nell’acqua calda. Non ci fossero questi spazi, gli islandesi sarebbero gli isolani meno legati all’elemento madre che mi sia mai capitato di vedere: a parte pescatori e marinai, per tutti gli altri il mare è soprattutto un posto pericoloso e molto freddo. E infatti l’orizzonte marino è piatto, immobile, privo di natanti e di barche. Vanno tutti “a piscina” – calda, ovviamente. Che per altro è uno specchio della società: in tutte è obbligatorio denudarsi completamente e lavarsi sotto la doccia prima di entrare nelle vasche all’aperto (in costume): “piú voi siete puliti, meno cloro noi usiamo”, recita un cartello all’ingresso. Nell’ala destinata agli uomini, la stanza per cambiare i neonati è in bella mostra. E nel nudismo generale, i papà portano bambini e bambine a farsi la doccia coi grandi. Neve, pioggia o vento che sia, le piscine calde rimangono l’attività più economica d’Islanda. Per di più, a mollo a 38 gradi non c’è nulla al mondo che ti possa turbare.
C’è però un aspetto di quest’Isola che mi ha lasciato interdetto, ed è la visione dell’Altro. In realtà pare essere una caratteristica della razza umana: in tutto il mondo, Noi è diverso e migliore da Loro. Quindi, quando pochi giorni fa sono morti degli operai stranieri nell’incendio di una catapecchia in periferia (vi ricorda qualche recente fatto di cronaca nostrana..?), al posto delle solite immagini di candeline e fiori depositati sulla strada, i media hanno mostrato l’abitazione carbonizzata – l’immagine che evoca la sofferenza di chi ci è morto dentro. Quel giorno, sull’onda di una (a)moralità pubblica evidentemente condivisa, sul profilo Twitter del primo ministro è apparso solo un commento a proposito di una partita di calcio.
Eppure quegli operai, in questi anni, sono stati la manovalanza che ha edificato le basi del boom turistico. Il profilo della capitale è una selva di gru e cantieri, per lo più destinati a strutture ricettive. A Borgarnes, nell’Ovest dell’Islanda, ho parlato con degli operai polacchi (in Islanda ci sono 20mila lavoratori con impressa l’aquila della Polonia): mi spiegavano di far parte di una ditta con ufficio a Reykjavik, sede fiscale a Cipro e base logistica a Varsavia, da cui vengono inviati centinaia di carpentieri. Vitto e alloggio sono compresi in una paga che è circa 10 volte superiore a quella che prenderebbero in patria – e comunque minore rispetto a quella di un operaio islandese. Uno di loro, ridendo, mi ha detto che se la sarebbe spesa in prostitute una volta tornato a casa. In realtà, non avrebbe bisogno di fare tutta quella strada: come l’operaio polacco, tra i milioni di turisti che hanno invaso l’Islanda ce ne sono parecchi che non concepiscono una vacanza senza sesso a pagamento. E il mercato si è adeguato, importando migliaia di ragazze e ragazzi per fare quello che poche/i islandesi erano disposte/i a fare. Tanto che oggi, sullo stesso Tinder, mi riferiscono essere facile incappare in profili di chi non si limita a farsi pagare da bere.