Perché l’Islanda, nell’anno domini della pandemia

L’idea di questo viaggio è nata un po’ per caso e un po’ per necessità attorno ai primi di luglio. Da un paio di mesi non facevo altro che leggere libri e studiare percorsi sui Balcani meridionali, convinto di gironzolare da quelle parti fino a settembre. Poi è successo che in Serbia Djokovic ha fatto un evento a base di Covid e a Trento mia nonna è andata peggiorando. All’improvviso avevo bisogno di confini in cui poter entrare e uscire senza problemi nel giro di pochi giorni. Per puro caso, di lì a poco, avrei scoperto che l’Islanda sarebbe diventata la mia terra promessa.

1. Covid (quasi) free. L’ho già accennato in un post precedente: da marzo ad oggi, su una popolazione di 400mila abitanti sparsi in un territorio grande come il Nord Italia, si contano 10 decessi e meno di 2mila contagi (tanti in media, pochi in termini di contenimento sanitario poiché la metà degli islandesi è concentrata nella capitale). Da luglio è iniziato un graduale aumento dei cittadini Ue ed extracomunitari a cui è consentito entrare con – e poi anche senza – tampone. Una volta sbarcati, a parte i distributori di sanificante e la chiusura di bar e locali entro le 23:30, è come se si vivesse in una distorsione temporale. Dopotutto, leggevo che anche la peste del ‘400 arrivò quassù con 50 anni di ritardo. I quotidiani avvisano della possibile diffusione via social di eventi non autorizzati sopra le mille persone. Per il resto, feste di paese escluse, l’Islanda prosegue come se nulla fosse, libera da ogni mascherina.

2. Tourist (quasi) free. Suoi fiordi, sguazzando in una piscina termale, ho fatto due chiacchiere con dei ragazzi islandesi. Erano contenti perché per la prima volta da anni potevano godersi quella risorsa naturale, altrimenti cannibalizzata dagli stranieri. L’anno scorso l’Islanda ha registrato 2,2 milioni di turisti, per lo più americani e inglesi. Ad Aprile e Maggio 2020 (i due mesi con dati disponibili) si è registrato anche qui il -99%. Oggi si parla di circa 50mila persone in giro anche se, rispetto all’idea che mi ero fatto di questo posto, a me già pare di avere un sacco di gente attorno. Non oso immaginare cosa volesse dire frequentare questi luoghi con 44 volte tanto i turisti che vedo oggi (in termini di affollamento, prenotazioni, traffico, ecc)

3. Il cambio. Da dieci anni a questa parte non si vedeva un rapporto tanto favorevole per l’euro nei confronti dell’ISK. Per tutti, ma soprattutto per chi si muove in macchina, una rivoluzione in termini di costi – già esorbitanti ma almeno, per questa estate, incredibilmente calmierati

4. Sicurezza. Sia in termini (apparentemente) sanitari sia in quanto a serenità. Complice anche il fatto che ad oggi non so come siano fatte le banconote della corona (non ho MAI avuto bisogno di contanti), qui non esiste la sensazione di poter essere derubati o di doversi preoccupare per i propri averi (pochi, di scarso valore ma pur sempre utili). Anche questa è qualità del viaggio

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